Sifilide

La sifilide è una complessa infezione sessualmente trasmissibile causata dal batterio Treponema pallidum. Fu descritta per la prima volta nel XVI secolo e si ritiene che sia stata importata dalle Americhe dopo i primi viaggi degli spagnoli. Nei Paesi industrializzati, l’incidenza della sifilide iniziò a calare verso la fine del 1800, per poi avere un altro picco dopo la Prima guerra mondiale. Dopo la Seconda guerra, grazie anche alla disponibilità di metodi diagnostici efficaci e al trattamento con antibiotici, la malattia ebbe una nuova riduzione, ma recentemente la sua incidenza è di nuovo in aumento sia nei Paesi in via di sviluppo sia in alcuni Paesi europei. Con una incidenza annuale di 12 milioni di nuovi malati nel mondo, la sifilide è, dopo l’Aids, l’infezione sessualmente trasmissibile con il più alto tasso di mortalità.

La sifilide è un’infezione genitale che causa ulcere ed escoriazioni e facilita la trasmissione dell’Hiv. Si sviluppa in diversi stadi, ciascuno caratterizzato da sintomi e decorso diverso. Dal momento che alcune fasi della malattia hanno un lungo decorso senza manifestazioni cliniche evidenti, è possibile un’evoluzione progressiva in assenza di diagnosi e terapia. Se non è trattata adeguatamente, la sifilide può causare danni al sistema nervoso e ai vasi arteriosi, disordine mentale e morte. Grazie a un semplice test diagnostico e all’elevata efficacia dell’antibioticoterapia, è oggi un’infezione potenzialmente controllabile dai sistemi di sanità pubblica.

 Sifilide primaria

Tra l’infezione e l’insorgenza dei primi sintomi possono passare da 10 a 90 giorni (mediamente 20 giorni). Questo primo stadio è caratterizzato dalla comparsa di una singola ferita (sifiloma o chancre), o da più pustole. Normalmente la ferita è consistente, tonda, piccola e indolore e compare nel punto in cui avviene l’infezione batterica. Questa ferita dura 3-6 settimane e guarisce da sola. Se l’infezione non è trattata in questa fase, evolve verso lo stadio secondario.

 Sifilide secondaria

Inizia con l’insorgenza in più punti di un’eruzione cutanea (roseola o papulomatosi sifilitica) che non è accompagnata da prurito e può manifestarsi quando la ferita è scomparsa o anche settimane dopo. L’eruzione è solitamente rossastra o bruna, con macchie sui palmi delle mani e dei piedi o in altre parti del corpo. A volte le macchie sono diverse e ricordano eruzioni tipiche di altre malattie. Anche senza alcun trattamento, l’eruzione sparisce da sola. Sono inoltre tipici di questo stadio febbre, ingrossamento dei linfonodi, mal di gola, alopecia a chiazze, cefalea, calo ponderale, mialgie, stanchezza.

 Sifilide avanzata (stato latente e terziaria)

Alla scomparsa dei sintomi del secondo stadio, la persona è ancora malata anche se non mostra più i sintomi evidenti. In questa fase, possono iniziare i danni agli organi interni (cervello, nervi, occhi, cuore e vasi sanguigni, fegato, ossa e articolazioni) che si possono manifestare anche a distanza di decenni. I danni neurologici possono essere presenti già nel secondo stadio (sifilide neurale). Una volta che la sifilide entra nel terzo stadio, l’individuo perde la capacità di controllare i movimenti muscolari, può avere delle paralisi, confusione mentale, cecità graduale e sviluppo di demenza. Il danno può essere tanto serio da portare alla morte.

 Sifilide congenita

Secondo lo stato d’infezione della madre, l’infezione può essere trasmessa al feto causando morte in utero (40 per cento dei casi) o la nascita di un bimbo già infetto, con sifilide congenita (70 per cento dei casi). Se la madre ha avuto l’infezione nei quattro anni precedenti la gravidanza, il rischio di trasmissione al feto è molto elevato. I sintomi possono essere assenti al momento della nascita e comparire successivamente, causando, se non trattati adeguatamente, serie complicazioni allo sviluppo del bambino.

 Trasmissione

La sifilide si trasmette di persona in persona direttamente attraverso le ferite e le ulcere che si formano nelle zone genitali, rettali e sulla bocca a seguito di contatto sessuale. Può facilmente essere trasmessa fin dal primo stadio, spesso da individui ignari della propria malattia. Al contrario, non si trasmette in modo indiretto attraverso il contatto con oggetti, stoviglie o indumenti utilizzati da un soggetto infettato.

Una donna gravida malata può trasmettere l’infezione al feto durante la gravidanza.

Secondo i Cdc americani, il rischio di trasmissione del virus Hiv è da 2 a 5 volte più elevato quando è presente anche una infezione da sifilide.

 Prevenzione

Le infezioni sessualmente trasmissibili, e quindi anche la sifilide, possono essere trasmesse solo da un partner infetto a uno non infetto durante l’atto sessuale. Una buona misura di prevenzione è quindi l’uso di preservativi di lattice. Tuttavia, le ferite e le ulcere cutanee possono trasmettere l’infezione anche durante il sesso orale o qualunque altro contatto cutaneo con le zone infette. È dunque necessario fare attenzione a qualunque sintomo visibile. La scomparsa dei sintomi non è però indice dell’assenza di malattia, che anzi può essere in una fase progressiva verso lo stadio latente. Solo un’efficace azione di educazione a comportamenti sessuali responsabili e il ricorso ai servizi di salute per una diagnosi e trattamento precoci possono prevenire la trasmissione dell’infezione stessa.

Per identificare i partner a rischio, i Cdc raccomandano di considerare i tre mesi precedenti la comparsa dei sintomi della sifilide primaria e/o i sei mesi precedenti la comparsa dei sintomi di quella secondaria e almeno un anno per la sifilide latente. Tutti i pazienti cui è stata diagnosticata la sifilide devono sottoporsi al test per il virus Hiv.

 Diagnosi

La diagnosi di sifilide può essere effettuata utilizzando l’analisi al microscopio di materiali prelevati da una escoriazione o da una ferita del paziente. Il Treponema ha una morfologia ben distinta e riconoscibile, specie utilizzando il microscopio ottico in campo oscuro.

La presenza del batterio nel sangue può essere evidenziata anche con un semplice test sierologico. La diagnosi si basa sul fatto che gli anticorpi possono essere presenti già nelle fasi precoci dell’infezione e un basso livello anticorpale permane nel sangue per mesi e anni anche dopo il trattamento completo della malattia. Il livello di anticorpi, infatti, tende poi a diminuire fino a scomparire, rendendo il soggetto nuovamente sensibile e suscettibile all’infezione.

 

Normalmente, vengono effettuati due tipi di test: quelli non specifici per il Treponema, come il Venereal Disease Research Laboratory (VDRL) e il Rapid Plasma Reagin (RPR) e quelli Treponema-specifici, come il Fluorescent Treponemal Antibody Absorbed (FTA-ABS) e T. pallidum Particle Agglutination (TP-PA).

I test non specifici per il Treponema sono diretti contro un antigene lipoideo che deriva dal batterio o dalla sua interazione con l’ospite; sono di ampio impiego in quanto poco costosi e di facile esecuzione, ma possono dare esito falsamente positivo che richiede l’effettuazione di un test Treponema-specifico per la conferma. Una falsa positività ai test non specifici si osserva talvolta in caso di malattie infettive (malaria, tubercolosi, febbri virali, tripanosomiasi, lebbra) e in altre condizioni (collagenopatie, gravidanza, età avanzata, tossicodipendenza). I test specifici sono più impegnativi in termini di attrezzature e di competenza degli operatori. La loro positività persiste per tutta la vita. Recentemente sono diventati disponibili test specifici di nuova generazione di tipo ELISA destinati all’impiego su vasta scala.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha avviato, in collaborazione con la Banca mondiale e l’Undp, il programma speciale, la “Sexually Transmitted Diseases Diagnostics Initiative (SDI)”con lo scopo di valutare i test disponibili e mettere a punto linee guida per una diagnostica rapida ed efficace da effettuarsi anche nei Paesi poveri che hanno limitate risorse sanitarie. L’iniziativa ha prodotto la pubblicazione di manuali operativi periodicamente aggiornati sull’impiego dei test rapidi di laboratorio da effettuarsi nei diversi casi.

Dati gli effetti della sifilide contratta prima o durante la gravidanza, lo screening per la presenza di anticorpi anti-Treponema dovrebbe essere effettuato assieme agli altri test sierologici nelle prime settimane di gestazione. Secondo i Cdc, un neonato va dimesso solo allorché sia stata determinata la sierologia materna almeno una volta durante la gravidanza e, preferibilmente, al momento del parto.

 Trattamento

Il trattamento dell’infezione è facilmente ottenibile con l’uso dell’antibiotico penicillina. La preparazione, il dosaggio e la lunghezza del trattamento dipendono dallo stadio della malattia e dalle sue manifestazioni cliniche. L’efficacia di questa terapia sul controllo dell’infezione e del contagio (ma ovviamente non su eventuali danni d’organi già determinatisi) è stata confermata da molteplici casi studio, da trial clinici e da cinquant’anni di esperienza clinica. Oltre al trattamento antibiotico, la persona infetta deve astenersi da qualunque attività sessuale con nuovi partner fino alla completa guarigione delle ferite. Inoltre, è necessario effettuare test diagnostici e trattamento anche sui partner sessuali del paziente.

Una pregressa infezione non conferisce l’immunità permanente a un soggetto guarito che è esposto a un possibile nuovo contagio.